Max Papeschi
Digital Artist
Nel tuo libro autobiografico, “Vendere svastiche e vivere felici”, affermi di essere un artista per caso, raccontaci brevemente.
La mia carriera è iniziata anni fa come regista teatrale e cinematografico, il mio approdo al mondo dell’arte in senso stretto è accaduto abbastanza recentemente e in modo totalmente casuale, nel 2008 avevo creato una pagina su Myspace che doveva servire a promuovere uno spettacolo teatrale che stavo scrivendo. Per dare forza alla pagina promozionale avevo realizzato con Photoshop delle immagini che rappresentassero il senso dello spettacolo che stavo scrivendo, una gallerista di Milano mi ha contattato e chiesto di esporle nella sua galleria, ho accettato e da li è cominciata la mia carriera nel mondo dell’arte.
Saresti felice vendendo le colombe della pace al posto delle svastiche?
Ti rispondo con una delle battute più celebri di Orson Welles: “In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù”.
Oggi si pensa che ci sia una sovrabbondanza di lavori con il digitale, tu cosa pensi essendone, tra l’altro, un interprete?
Penso che ci sia una sovrabbondanza di qualsiasi materiale “artistico”: quadri, foto, libri, canzoni, video, ecc. Siamo di fronte ad un vero e proprio “inquinamento creativo”.
Secondo te, in cosa si distingue la tua linea stilistica?
Forse dal fatto che è nata con uno scopo diverso da quello di finire esposta in gallerie e musei.
Qual è il tuo rapporto con le forme d’arte contemporanea che usano tecniche più classiche?
Per quanto mi riguarda ci sono cose brutte e cose belle, cose interessanti e cose noiose, la tecnica mi interessa pochissimo, anche in quello che fanno gli altri.
Supponendo di avere la possibilità di usare un’altra tecnica conosciuta, quale potrebbe raccontare la tua visione artistica?
Sicuramente il video, strada che infatti ho già percorso in passato e alla quale non escludo di tornare in futuro.
Cinema … tre nomi, tre perché …
Kubrick, Kubrick e Kubrick … Perché sì.
Potendo scegliere, con quale artista o tipologia di artista ti piacerebbe collaborare?
Mi piacerebbe collaborare con un banchiere, o comunque con un miliardario.
Quale credi sia il ruolo dell’artista contemporaneo?
Non credo ci sia un’unica risposta. Per quanto mi riguarda cerco semplicemente di raccontare le cose per come le vedo.
© Annarita Borrelli