Se un vortice rappresenta la dimensione della misura e della dismisura globale, allora il dettaglio di una maniglia richiama il nostro spazio poetico senza peso, il nostro spiraglio di libertà non vigilata, un probabile indizio d'apertura: nel regno dei valori la maniglia apre ciò che una chiave sa chiudere per sempre. Una nuova prospettiva da pensiero laterale, piena … assolutamente totale. Viviamo nella misura del disordine, ci trasformiamo lentamente in una funzione di stato all’interno dei nostri sistemi termodinamici. La vita come miraggio ci sfinisce, ma esiste una maniglia a cui aggrapparsi mentre si attraversa l'Infinito nell'incertezza, nell’ambiguità del nostro tempo, un baluardo inesistente installato sulla porta chiusa di un antico segreto … è tutto serrato tranne lo spirito del vezzo di alzare lo sguardo ed andare oltre i riflessi d’oro del legno che fa da strada a questa soglia. E’ possibile estrapolare tutta la vastità del creato da un granello di sabbia … è forse anche probabile che una maniglia possa condurre altrove, dove si posizionano tutte le sue duplicazioni come nodi di una mappa immaginaria. L’opera non è solo installazione … è un viaggio a tappe, arte virale come messaggio digitale che si propaga a fin di bene, fino ai più remoti ed improbabili spazi dell’universo, persino fino alle porte delle antiche case del quartiere arabo nisseno. Il concettualismo dell’opera si completa nella sua rappresentazione scientifico-narrativa che illustra i valori della velocità della terra e del sole. Siamo dinanzi ad un modo alternativo di comprendere le possibilità, lasciandoci alle spalle tutto ciò che aggrava la leggerezza dell’essenza della vita.
di Annarita Borrelli
fotografia di Maurizio Geraci