Elisa Turco Liveri: chi è Salvatore Insana?
Salvator è innanzitutto un uomo che mi ha insegnato tantissime cose. E la cosa più importante tra queste è sicuramente la possibilità di fermarsi ad osservare, quel sostare che ti porta a lavorare sull'atto creativo senza far prevalere da subito la tua volontà, ma lasciando emergere ciò che già è presente e deve solo avere il tempo di manifestarsi. Poi Salvatore è un essere che invidio per la sua capacità di mantenere la calma, di ascoltare e di far confluire poi tutte le sue pulsioni nel lavoro che fa di “riscrittura del reale” attraverso le immagini
Salvatore Insana: chi è Elisa Turco Liveri?
Un punto di riferimento etico-estetico-sentimentale. È una ricercatrice che, di volta in volta e con crescente curiosità e meticolosità, agisce facendo uso dei linguaggi e dei sensi che più le sono propri - per studio decennale e per attrazione innata e/o conquistata - (il corpo, la voce, la scrittura, il disegno). Si fa presente e si offre allo sguardo del prossimo cercando la via migliore/ulteriore per indagare il complesso rapporto che intercorre tra l'essere vivente e il contesto/i contesti in cui vive, il punto di incontro e/o di rottura con i mondi di cui fa esperienza, quelli che attraversa, quelli nei quali è vittima/carnefice/utente/partecipante.
Elisa Turco Liveri: qual è l’arte di Salvatore Insana? come pensi la esprima?
Per me l'arte di Salvatore Insana ha a che fare con qualcosa di antico. È una sorta di catalogazione di fenomeni, prevalentemente immagini legate alla natura e al comportamento umano, al suo essere paradossale, ma anche testi, suoni, parole, oggetti ritrovati.
A volte li attira a sé, torna a casa con pacchi di fotografie di sconosciuti trovati per terra. E poi tutto questo se tu ti prendi il tempo di osservarlo con calma e con la dovuta distanza crea delle congiunzioni, delle sinergie, tra i vari materiali. Così nascono le opere di Salvatore
Salvatore Insana: qual è l’arte di Elisa Turco Liveri? come pensi la esprima?
È sensibilità, acutezza di sguardo. Somatizzazione intelligente delle emergenze soggettive e oggettive dei nostri tempi. È fronte di resistenza intima contro la superficialità creativa. È ricerca di trasfigurazione psico-fisica del quotidiano e dell'eterno. È ricerca di incontro e di prossimità.
Come si fondono le vostre due realtà e quale pensate sia il risultato?
E Le nostre due realtà si sono incontrate grazie a un elemento fondamentale, anche per la nostra visione poetica: il caso e la curiosità. Entrambi ci siamo buttati l'uno nel mondo dell'altra, scoprendo possibilità diverse di declinare le nostre propensioni specifiche. E forse l'aver intravisto una forte anomalia del mio fare l'attrice, da un lato, e del suo fare cinema, ci ha subito fatto entrare in una dimensione di ricerca e intesa reciproca molto forte. Il risultato per noi è quello di generare un linguaggio che sia unico e nostro, e che mira a toccare e far interrogare profondamente il pubblico, lasciando sempre la libertà di interpretare le cose come si vuole o si crede.
S Ci poggiamo su universi paralleli, contigui, spesso convergenti. Ci si nutre di rifiuti condivisi. Di rigore. Di ostinazione. Di volontà di complicare il processo creativo così come è complessa la vita. Porsi ostacoli, cercare soluzioni e dissoluzioni.
Parlateci di DEHORS/AUDELA
E è un progetto che nasce nel 2011 all'interno degli spazi del Metateatro, storica compagnia dell'avanguardia teatrale romana. Da lì sono successe tantissime cose e soprattutto noi siamo cambiati e cresciuti. Abbiamo prodotto spettacoli teatrali, progetti fotografici, installazionie, interventi urbani, progetti video, fluttuando in continuazione tra gli ambienti dell'arte visiva e quellli del teatro contemporaneo e dela danza di ricerca.
S Dehors/Audela è andare oltre/aldilà. Oltre i confini, oltre i generi, aldilà delle categorie. Facendolo a partire da ossessioni ricorrenti, attraverso la forma, con l'impegno e l'abnegazione di una scelta etica ed estetica che parte dal linguaggio e dalla forma per proporre uno “scarto” dalla norma, una divergenza sorprendente, scomoda.
Solo adesso poi ci siamo accorti che “andare oltre” confina con l'exstasis, ma non ce ne siamo ancora pienamente, coscientemente, occupati.
Cosa ne pensate dell’attuale scena artistica contemporanea in Italia?
E La verità è che non so se esista una scena artistica contemporanea italiana. Sento che si sono delle tendenze e questa parola non mi piace molto perché mi fa pensare alla moda, a qualcosa che si fonda molto sull'apparenza. Quando ci sono elementi che ricorrono, che diventano quasi dei dogmi, credo proprio che ci si stia spostando in un altro ambito, e non in quello artistico. Credo che sicuramente una cosa che manca oggi è l'interazione tra i settori. Non vedo molto dialogo tra gli artisti, ognuno sta e gira intorno al proprio circoletto, ai propri similli, e questo impoverisce molto le potenzialità
S Una scena vivace ma ricca di cliché, troppo affollata e troppo marginale, dispersa e disperata, piena di smemorati, di buchi neri, di vanità, di inganni, di interessi extra-artistici, di illusioni mal riposte, di mancate risposte, di sconosciuti pieni di genio e di numerosi surrogati consolatori e decorativi eletti a celebrità temporanee.
Quale pensate sia il ruolo dell’artista contemporaneo?
E A me piacerebbe molto che i ruoli non esistessero, essendo tutti mutevoli, non potremmo sopportare a lungo un “ruolo”. Ma per rispondere mi riaggancio alla prima risposta: credo che il lusso e il dovere di chi crea arte sia quello di “perdere tempo ad osservare”, studiare e sviluppare quindi una vista, una sensibilità più profonda. Questa attitudine, svincolata dall'ansia della produttività (utopicamente) è fondamentale per una società civile che ha bisogno di mettersi in discussione, di riflettere sulla propria natura, di condividere esperienze emotivamente rilevanti con altri individui, di sprecare il tempo, di tornare a giocare e a chiedersi i mille perché dell'infanzia. Ecco, l'artista dovrebbe fornire questo tipo di “servizio” alla collettività.
S Fuori dall'arruolarsi, meglio proporre alternative, insinuare dubbi, amplificare i sensi. Rivendicare alternative allo status quo. Far scoprire o riscoprire il marginale, il seppellito. Creare ferite, dispensare dubbi, provocare sconvolgimenti emotivi e psico-somatici. Ostinarsi in dichiarazioni sempre più pericolose e ironiche, il sabotare, il pensarsi errorista.
Trovare connessioni inaudite, mettere insieme i poli opposti, opporre resistenza a chi pensa che la semplificazione sia la soluzione a tutti i mali.
Progetti per il futuro …
C'è sempre un ribollire continuo e necessario di progetti, di idee, di emergenze, tra teatro, cinema, danza e proposte ulteriori. In estate continueremo a lavorare a “Più nel bosco non andremo?”, l'opera nata in collaborazione con il musicista Simone Pappalardo.
Eprossimamente ci occuperemo della condizione della Fatica, ad Anghiari, insieme a Giulia Vismara, la compositrice e musicista con cui abbiamo creato le nostre ultime performance.
Lo staff di ignorarte