Quaranta gradi sono i gradi della vodka, ma è anche la temperatura febbrile dell’anima russa, vera protagonista di questo atto unico che, nella lacerazione post-perestrojka, mette in scena la miseria, la follia alcolica, l’amore per il teatro e gli slanci mistici di due attori rimasti senza un soldo nel cuore della loro sconfinata e crudele terra. Ma soprattutto è un atto d’amore, sul palcoscenico, verso la Russia.
Due uomini, due attori russi, sullo sfondo della violenza e della criminalità degli anni ’90 si trovano, alla fine di una tournée invernale nella provincia battuta dal vento e dalla neve, bloccati in un paesino sperduto del nord, in una misera stanza ammobiliata. Qui, reduci da una apocalittica bevuta, senza un rublo in tasca, abbandonati dalla loro stessa Compagnia ripartita per San Pietroburgo, incontrano un uomo che vuole aiutarli: a patto che loro non facciano nulla per ricambiare il suo gesto. Ma i due senza saperlo gli salvano la vita, e l’uomo ora vuole riscuotere a tutti i costi ciò che gli è dovuto. Quaranta sono i gradi della vodka; quaranta sotto zero sono i gradi a cui scende la temperatura nella provincia russa, dove i due attori malandati stanno mettendo in scena il Macbeth di Shakespeare. Siamo nel post “perestroyka”, la ricostruzione attesa con speranza quasi mistica. Il dialogo è serrato: galleggia nell’alcol alimentando e distorcendo riflessioni su Dio, sull’arte, sulla morale, sul senso della vita. Il tutto con lo slancio tipico della “russkaja ducha”, l’anima russa, vera protagonista di questo atto unico.
Note di drammaturgia/regia
Vivevo e lavoravo a San Pietroburgo da un anno circa quando ho messo in scena un mio testo, Malamore, con un attore 50enne che si chiama Sacha Ronis. Alcolista, ex-primattore bello e famoso, un tempo insignito della medaglia “attore popolare dell’Unione Sovietica” (cosa che non mancava di ricordare appena aveva bevuto, con uno guizzo di dignità teatrale). Mi ha raccontato, durante le prove, di come negli anni novanta il teatro in cui lavorava, l’Alexandrinskij di San Pietroburgo, lo pagasse con 100 uova al mese. Salario proteico. E’ dal racconto di quell’attore, Ronis, che è partito tutto. Poi ho letto Vampilov, un autore sovietico che aveva scritto “20 minuti con un angelo”. Testo non tradotto che mi aveva subito colpito. Nel frattempo avevo in testa Beckett, finale di partita soprattutto, e ho trovato che nei personaggi sovietici di Vampilov ci fosse qualcosa di assurdo e apocalittico, esattamente come in Beckett, però con un sapore diverso: non algido, elegante e britannico, ma sporco, povero e ubriaco, alla russa. E poi c’era San Pietroburgo, il suo mondo teatrale ma soprattutto la gente che, nel frattempo, iniziavo a capire, e con cui passavo notti estenuanti, a bere e parlare, parlare, loro sono davvero la società della conversazione, sempre bevendo, sempre in cucina, o te o vodka, o entrambi. E spesso i loro racconti, ancora, sugli anni novanta, sulla criminalità che si era impadronita del vuoto rimasto in cui galleggiavano tutti. Probabilmente la mia intenzione era quella di mettere insieme tutte queste sensazioni, per fermarle in un qualche album di fotografie, in una cosa che avrei potuto prendere e portarmi via. Perché sapevo che un giorno me ne sarei andato. Era un posto dove stare, succhiarne il più possibile avidamente, e fuggire.
ANDREA BRUNETTI
Andrea Brunetti si è diplomato in drammaturgia alla Paolo Grassi di Milano e in regia alla scuola d’arte e mestieri della Scala di Milano. Ha vinto nel 2006 il premio Flaiano per il testo Malamore, messo in scena in Germania e in Russia (dove lui stesso ne ha curato la regia al teatro Lensoveta di San Pietroburgo). Ha lavorato come pedagogo presso l’accademia nazionale di teatro drammatico a San Pietroburgo. Con la compagnia fondata insieme a Fabio Banfo e Paolo Andreoni ha messo in scena vari spettacoli: Napoleone (di cui è anche autore) Ubu Roi (riscrittura da Jarry) Faust (riscrittura a partire da Christopher Marlowe), Lotta di negro contro cani (Koltés), Finale di Partita (Beckett), Giorni Felici (Beckett), lo Straniero (riscrittura da Camus). Le rappresentazioni si sono tenute in vari teatri italiani (Franco Parenti, Litta, Arsenale, a Milano e in vari teatri e festival a Napoli, Torino, Roma, in Argentina (tournée del Faust presso il festival itinerante El teatro del Mondo en Argentina) Germania e Russia. E’ autore di due romanzi (Nagott, L’amore male detto). Oggi lavora a Milano dove svolge le attività di regista teatrale e di regista pubblicitario.
EFFETTO MORGANA
La CompagniaLa compagnia “Effetto Morgana” fondata nel 2014 da Fabio Banfo e Serena Piazza. Ha all'attivo diverse produzioni: “Quello che le donne non dicono” (in Cile “Lo que las Mujeres non dicen”) e “Lenny”, di cui curano soggetto, scrittura e regia e messa in scena. Per la Universidad Finis Terrae di Santiago del Cile dirigono “Sueňo de una noce de Verano”, saggio di diploma del quarto anno di recitazione dell'Universidad Finis Terrae di Santiago del Cile, con il Drammaturgo Julio Pincheira.“Swing for Life!” e “Alfredino, l'Italia in fondo al pozzo” sono i progetti in cantiere della compagnia, rappresentati come “studio” al IT Festival 2015 e 2016 e al Festival Hu Topic di Milano.PoeticaEffetto Morgana ha come scopo di raccontare, cercando di rappresentarlo, il mondo in cui viviamo. Solo uno sguardo che osserva, studia, penetra nel segreto profondo delle cose per strapparne un possibile senso, è uno sguardo significativo, capace di offrire l'opportunità di vedere e sentire la vita sotto una nuova e inaspettata luce. Abbiamo l'ambizione di agire nel suo significato letterale la parola riflessione: il nostro è un teatro su cui vorremmo venisse riflessa l'immagine del mondo, o meglio, di quella porzione di mondo su cui abbiamo scelto di far indugiare il nostro sguardo.
Date e orari:
da giovedì 5 a mercoledì 10 ottobre 2017 ore 21.00
domenica ore 16.00
biglietti:interi 18 euro, ridotti 13
Info biglietteria:
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