Arte - Cubi d'arte 4/4
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Fabrizia Ranelletti - "Il lato oscuro" Aberrazioni e dintorni
Fabrizia Ranelletti indaga le profondità dei confini, le origini e le conseguenze di un’antica e quasi primordiale relazione degenerativa tra luce e buio, costruendo uno spazio cubico di contenimento per le emozioni negative. L’opera rappresenta un derivato di una più ampia ed intensa analisi sull’oscurità celata nei meccanismi impliciti dell’inconscio, una ricerca che l’artista esprime attraverso la performance art e che, successivamente, viene metabolizzata e lentamente trasformata in un concept da contestualizzare, in questo caso da trattenere in un “volume” di considerazioni. Una traccia di immagini e parole, una mensa sacra per decidere o meno di cibarsi di una verità imperitura … a volte, probabilmente, per toccare la luce bisogna osare nell’oscurità, perché questo “lato oscuro”, questo buio profondo che inghiotte … non è assenza di luce, è poesia. Tutto sommato il concetto del bene è solo un punto di vista; la forza illumina l’uomo, una forza misterica assoluta, senza spazio, senza tempo, una forza che Fabrizia Ranelletti severamente costruisce, come la struttura trasparente che definisce il suo spazio cubico speculativo. Rabbia, paura, violenza … sono il lato oscuro! Il fascino del male, l’estrinsecazione della prometeica mania di onnipotenza che travalica i limiti morali, la negazione del bene, la negazione della possibilità di distinguere tra bene e male … il male che sceglie se stesso! Qui l’arte, austera, si materializza e si personifica come custode fedele di un mistero appartenente alla storia del mondo. E’ una via per la luce, il lato oscuro della mente, l’inevitabile.
Sara Savini - L'ignoto che ci cura
Uno scrigno incantato, sognante, un luogo in cui rifugiarsi e finalmente riposare. Un personaggio improbabile contempla il mondo sotto le coperte di un involucro sereno. Questa la visione dello spazio cubico di Sara Savini, un luogo in cui l’arte accompagna ed avvolge la fragilità bambina della fantasia umana, uno spazio non chiuso alla bellezza illusoria dei miraggi, una metrica semplice per il proprio delirante bisogno di innocente verità esistenziale.
Alfonso Siracusa - L.O.V.E. Catalogna
Alfonso Siracusa denuncia la precarietà della storia contemporanea attraverso la rappresentazione volutamente instabile di uno spazio cubico di caduco cartone. Il tempo presente si dispiega, inizialmente, su un piano bidimensionale sul quale l’artista si esprime con tecniche diverse, sanguigna, stampe a colori, traforo su cartoncino ed utilizzo di materiali altri, come ad esempio lo specchio. L’opera è un foglio che vuole e deve acquisire volume e consistenza, atto che si concretizza attraverso l’uso di diverse citazioni. Il titolo rimanda alla celebre opera di Maurizio Cattelan ed ai recenti fatti di cronaca che hanno defraudato l’ipotesi di libertà della Catalogna. La struttura, invece, è certamente frutto di una eco cubista. La mano all'interno, rivolta alla bandiera spagnola franchista riprodotta ironicamente in carta, riflette la cronaca di una vita ancora immatura contaminata dalle violenze. Attraverso l’arte e le sue potenzialità espressive, quindi, Siracusa lascia la parola alle vicende della contemporaneità.
Daisy Triolo – Misuro la felicità
Inconciliabili le risposte che l’umanità storicamente ha assimilato alla domanda secondo la quale da sempre ci si interroga sulla natura della felicità. Da stato di elezione a diritto umano a condizione necessaria per la sostenibilità del benessere collettivo globale. Daisy Triolo disegna l’essenza di un’ipotetica visione della felicità sui volti uno spazio cubico edificato attraverso la ricerca di un’unità di misura. Leggerezza, ossigenazione, spensieratezza … misurare la vera felicità costa poco perché è un’esperienza che si dilata nel tempo di una intera vita, la vera felicità risiede negli aspetti semplici dell’esistenza, quelli che richiamano la bellezza del tempo presente, la vera felicità eccita la mente, è sempre oltre la nostra stretta, non è nel fondo dei vizi; Daisy incarna la vera felicità nel volo del tarassaco, mentre consegna ai venti i desideri e le speranze; forse la vera felicità non esiste se non è a misura d’uomo … L’artista riproduce, attraverso il surrealismo tipico del suo operato artistico, questo processo cognitivo ed emotivo dell’inconscio dedicato all’ipotesi di materializzazione ed alla conseguente misurazione dell’idea di felicità. C’è una parte di noi che emerge durante i sogni, emerge anche quando siamo svegli e ci permette di creare libere associazioni. La terza dimensione di Daisy Triolo si ispira a questo territorio di stima e determinazione di un utopico spazio concettuale e viscerale di trattenimento per l’esperienza della felicità.
Monica Verdiani – Cubo di nuvole
Un cubo di nuvole come una scatola di panna montata sulle architetture psico-sociali. Monica Verdiani, fotografa, riempie lo spazio cubico con il poliuretano per inibire la possibilità di ritrovarsi a piedi scalzi per strada, dinanzi alla verità ultima degli effetti sociopatici dell’esistenza contemporanea. L’artista realizza l’immagine tridimensionale di un universo compresso che concede la sola possibilità “attraversare”, penetrando lo spazio. Ci fermiamo ad osservare la vita da un oblò, scrutiamo tra ed oltre le illusioni, viviamo la storia valicando le mura, soffriamo di poesia mentre vediamo attraverso gli occhi della malinconia tutto ciò che abbiamo amato e odiato, anche solo per un istante.
Donatella Vici – “Stato liquido” pensiero trasparente
Donatella Vici concepisce uno spazio cubico di conversione mistica, una dimensione artistica concettuale in cui la trasparenza dei materiali esalta l’atto di restituzione prospettica dell’immagine fotografica e si vivifica nella rarefazione dell’atmosfera benefica contenuta all’interno di questo volume. Genuino, un mondo semplice, a volte sfumato, leggero, quasi incorporeo, uno spazio annebbiato dai vapori acquei delle vecchie teiere, un’opera che evoca l’idea dell’intangibilità delle incertezze, proponendo la soluzione della terra di mezzo, quella della virtù insita nella ritualità dei gesti quotidiani. La vita è, a volte, intangibile, nebulosa … amaramente appannata; l’unica prospettiva risiede nella consapevole visione di poter soltanto intravedere l’idea di una meta; ma la nostra meta non è mai un vero e proprio luogo, piuttosto è il nostro prossimo nuovo modo di vedere le cose. Lo spazio cubico tende, in questo caso, allo “scopo”, come all’idea di una possibile stratificazione dimensionale che onora una visione essenziale della vita e del destino. Tutto ciò che vediamo dipende da come guardiamo. Tutto ciò che vediamo è una profondità, una successione di piani, non è di certo la verità.
di Annarita Borrelli