Intervistare l'arte - Roberto Sottile
Qual è la strada che ti ha portato alla cura e alla critica d’arte …
Terminato il mio percorso universitario ho tenacemente intrapreso subito l’attività di critico d’arte e curatore iniziando a collaborare con musei ed istituzioni private e gallerie d’arte con le quali ho realizzato dei progetti condivisi con giovani artisti e colleghi critici. La strada intrapresa è la strada della perenne ricerca sul territorio e nei territori, riuscire ad avere una visione ampia dello stato dell’arte, ma ciò non significa seguire le tendenze, ma conoscerle, ed avere la capacità di sperimentare. Non solo l’artista sperimenta, ma anche il critico d’arte e curatore deve mettersi in gioco. Penso con quasi dieci anni di carriera e a quasi 35 anni di aver osato tanto, di essere riuscito a mettermi in gioco raccontando un percorso capace di mescolarsi con giovani artisti contemporanei che rappresentano il futuro ma che sono il presente, e ricerche storiche importanti come ad esempio la mostra su Alberto Burri, le due mostre su Boccioni, il Futurismo, il primo e secondo Novecento italiano e così via. Una strada capace di mescolare la ricerca contemporanea e lo studio della tradizione con una proiezione verso l’innovazione dei linguaggi artistici.
Sei calabrese, ma lavori sia sul tuo territorio sia in altre città di Italia; quali le diversità sostanziali di queste due tipologie di esperienze?
Sono esperienze molto stimolanti e non così diverse come si immagina. Lavorare in Calabria oggi significa avere la possibilità di un margine di azione importante poiché esistono degli interlocutori che hanno faticosamente acquisito e conquistato uno spazio importante nel sistema dell’arte, perché hanno avuto la capacità di mettersi in gioco. La mia terra mi da la possibilità di sperimentare, di costruire dalle fondamenta dei percorsi, ciò significa faticare di più, ma raggiungere il risultato è straordinario. Il mio percorso professionale fuori invece è caratterizzato da una ricerca comunque sperimentale che va ad integrarsi, a confrontarsi con altre realtà già consolidate oppure realtà giovani che hanno la capacità di aprirsi ai territori. La cosa importante è fare bene il proprio lavoro ovunque ci si trovi. Esistono poi delle differenze oggettive. La Calabria merita sicuramente più attenzione, è una terra ricca di talento che vive in perenne stato di emergenza, uno su tutti la mancanza di lavoro, e quindi parlare di cultura diventa difficile ma non impossibile. Dove ciò accede esistono delle realtà come i Bocs art le residenze artistiche di Cosenza, l’attività straordinaria del Marca di Catanzaro, l’apertura ad una ricerca sperimentale portata avanti dal Museo del Presente a Rende, l’importante attività dell’accademia di Belle Arti di Catanzaro, e l’elenco sarebbe ancora lungo, che offrono la possibilità di un confronto.
Tre artisti che secondo te hanno davvero cambiato la storia dell’arte …
Individuare solo tre artisti è molto difficile, ecco perché individuerei in Caravaggio e più in generale la visione manierista che ha caratterizzato il XVI secolo, nell’esperienza del Futurismo con artisti come Boccioni, Balla, Severini e la ricerca e la sperimentazione di Alberto Burri tre momenti importanti per la storia dell’arte e nel pensiero artistico occidentale. Non è un caso che sia tutto “made in Italy”.
Cosa pensi della scena artistica contemporanea in Italia?
Esistono delle realtà importanti che hanno la capacità di produrre e proporre delle idee innovative. C’è però una certa Italia che ormai ha perso quella caratterizzazione di gusto italiano, per strizzare l’occhio a ricerche che guardano più al mercato che al contenuto. Naturalmente esiste anche un mercato dell’arte che fa scuola ed è capace non solo di mantenere vivo il settore, ma riesce a dare degli input positivi di crescita e confronto. Si deve prendere coscienza che non siamo solo la nazione di una tradizione artistica importante, ma da quella tradizione viviamo in una contemporaneità ricca di tanti artisti capaci di dire la loro. Che si dia più credito a queste realtà che sono la maggioranza di questo nostro Bel paese, che vivono e fanno vivere i nostri musei nelle nostre città, che contaminano le nostre piazze e gli spazi alternativi, che diventano alternativi non solo per una scelta curatoriale, ma sono tali anche per l’assenza di interlocutori capaci di cogliere il valore della proposta artistica. I Musei diventino luoghi di contenuti non solo contenitori.
Quali le caratteriste che ti affascinano di un artista che poi ti induce a collaborare con lui?
La capacità di mettersi in gioco, oltre naturalmente ad un interesse oggettivo nel suo lavoro creativo che avviene attraverso diverse considerazioni e variabili che sarebbe complesso spiegare adesso, e che fanno parte anche del mio modo di essere critico d’arte.
Che tipo di rapporto ti piace avere con un artista con il quale collabori?
Gli artisti con cui ho lavorato e con cui lavoro sono diventati i miei amici. Detto questo però nel momento in cui si lavora pretendo la massima professionalità, in un clima di lavoro responsabile ma nello stesso tempo piacevole. Ho tanto rispetto del ruolo dell’artista. E mi reputo un fortunato perché fino ad oggi questo rispetto mi è stato ricambiato. Se tra artista e critico si innesca questa intesa e sinergia si lavora meglio, si discute forse con più asprezza e con meno formalismi però penso che i risultati che si possono raggiungere siano più che positivi.
Quali sono a tuo avviso le differenze tra curare il lavoro di un artista e la cura di un museo?
Curare il percorso di un artista significa avere una forte intesa professionale ed una fiducia estrema, non ci possono essere fraintendimenti, idee diverse si, ma gli obiettivi devono essere comuni perché si cresce insieme. Personalmente mi piace discutere molto con gli artisti con cui lavoro, sempre restando nei margini del mio ruolo di critico d’arte. Non amo invadere il campo d’azione dell’artista. Ciò significa avere rispetto dell’identità creativa. Curare un museo significa come ho già detto precedentemente dare un’anima, disegnare un percorso, affinché quello spazio non sia solo un contenitore di idee ma diventi parte integrante di un progetto, diventi luogo di contenuti. Ciò accade solo se si è capaci di programmare con una visione di sperimentazione e di ricerca che parli il linguaggio della valorizzazione e dell’innovazione. Ciò significa anche rivalutare alcune figure importanti come il museologo e il museografo che devono però avere la capacità di offrire una lettura aggiornata e contemporanea dell’idea di Museo. Il Museo deve essere funzionale all’artista e non viceversa come spesso accade con musei bellissimi esteticamente ma poco funzionali.
Secondo te, qual è il ruolo dell’artista contemporaneo?
L’artista ha la capacità di raccontare la nostra società attraverso i tempi della sua contemporaneità. Il suo ruolo è un ruolo fondamentale nella crescita sociale del tessuto di una comunità, perché rappresenta un punto di riferimento della sensibilità di una società. Ormai gli artisti di oggi sperimentano, viaggiano, si incontrano con una facilità estrema. Ciò fa bene a tutti. Perché l’arte è comunicazione del pensiero dell’artista che è artista perché la sua sensibilità viene espressa attraverso una creatività capace di raccogliere percezioni, suggestioni. Oggi non è facile ritagliare un ruolo definito all'artista contemporaneo, ma questa difficoltà aiuta a far emergere i bravi, quelli che si chiedono non cosa piace al pubblico, ma cosa voglio raccontare, cosa mi appartiene che voglio condividere.
Quale credi sia il ruolo del critico d’arte contemporaneo?
Il critico d’arte deve essere con il suo lavoro uno strumento di supporto all'artista. Spesso purtroppo non è così, perché assistiamo a mostre dove il critico d’arte diventa il protagonista e ciò non va bene. Protagonista è l’arte! Il pensiero creativo dell’artista. Il critico deve avere la capacità di offrire una lettura critica, una visione che possa accompagnare lo spettatore ma anche e soprattutto l’artista.
Spesso si dice che il lavoro a cui si è più affezionati è sempre l’ultimo … parlaci del tuo ultimo progetto curatoriale.
Nel mio caso dovrei parlare degli ultimi lavori, perché mi capita spesso di lavorare simultaneamente su più progetti. In corso al Museo del Presente di Rende (Cosenza) la mostra Login dei Camera 237 duo composto da Angelo Gallo e Lucrezia Siniscalchi, una mostra finale di un percorso di dodici mesi di lavoro, dove gli artisti hanno presentato dei lavori che pongono l’accento sulla globalizzazione e su come l’informazione all’interno della nostra società globalizzata sia riuscita a trasmetterci delle paure che oggi sono diventate collettive. Una mostra profonda, quasi antropologica di cui sono molto contento. Poi presso la Galleria Nazionale di Cosenza il progetto portato avanti con l’artista fotografo Giuseppe Lo Schiavo “Poli Inversi” critico e artista si invertono i ruoli e sperimentano attraverso la fotografia. Un progetto il nostro che fa parte di un concorso che abbiamo vinto, promosso dal MIBACT e dal Polo Museale Regionale della Calabria, confluito in una mostra POLO POSITIVO Immagini per la Calabria a cura di Melissa Acquesta e Gemma Anais Principe in corso presso la Galleria Nazionale di Cosenza. Ci siamo inverti i ruoli e discusso molto, creato a quattro mani, legato in modo univoco il pensiero critico e il pensiero artistico. Volevamo sperimentare e ci siamo riusciti molto bene. Ma prima di ogni altra cosa mi sono divertito molto. È questo il segreto di questo lavoro, divertirsi e nello stesso tempo essere professionali in tutto ciò che si fa. E Poi ancora il progetto con Salvatore Cammilleri a Roma “Prove tecniche di concepts” che si inaugura il prossimo 2 dicembre, una mostra complessa costruita attorno ad un artista capace di proporre un linguaggio variegato ma nello stesso tempo riconoscibile. Un viaggio all’interno di un mondo “altro” abitato da simboli che si mescolano con la nostra modernità e contemporanea visione delle cose. Un viaggio fragile e sensibile, ma nello stesso tempo caratterizzato da connotati ben precisi. Tanti variegati ingredienti che caratterizzano una mostra davvero unica nel suo genere.
Lo staff di ignorarte