Le poesie di Carmine Roma ci portano nell'inquietudine del nostro tempo, anzi per meglio dire nella nostra incapacità di viverlo, ossessionati dalla voglia ansiogena di fermarlo senza fermarci mai. Alla ricerca di un epochè ormai impossibile da raggiungere.
Il mondo
diventa sempre più grande
parti gigantesche di un risucchio noi
sempre più veloci
esportati dentro un soffio.
Un risucchio quindi che non ha tregua, senza soluzione. Ma la parola potrebbe fermare tale risucchio, o perlomeno darle un senso? Ormai è tardi scrive il nostro autore:
Il resto è gettato indietro
sperando che le solite parole
buttate via
non perdano il loro marchio di fuoco
qualcuno a chinarsi.
La parola, la poesia ormai è svuotata, arranca nella fluidità del nostro vivere, anche essa risucchiata dalla nostra veloce e insignificante quotidianità.
Per recuperarle
le può trasportare
stipare
e poi bruciare
stipare
fumare
bruciare.
Come una cantilena lentamente feroce che velocemente ascoltiamo con consapevolezza inutile.
di Anna Palasciano