DRAGONFLY – VIDEO ART DI NICOLA FORNONI SU MUSICA DI COSTUME + EIGA
Nella video arte Dragonfly (soundtrack di Costume + Eiga), Nicola Fornoni compie un viaggio nel soprannaturale in cui il corpo si fa poesia e l’anima è quella volatile presenza mutante sotto i nostri occhi increduli. Sottomettendosi al proprio corpo, ha introiettato la forza di un essere trasferendola nel suo essere. L’uomo-Fornoni ha compiuto gesti la cui sacralità può trasmigrare in un’altra identità, in un’altra anima. La memoria si è fatta strumento di individuazione di un linguaggio per comunicare e decriptare profondi richiami in cui la musica e la voce femminile lo hanno aiutato a far emergere il divino e, mentre l’uomo-Fornoni, imprigionato nell’involucro umano, si avviluppa nella maschera funebre d’oro che lo nasconde, si rivela la creatura-Fornoni protesa sul suo habitat perché, “le cose che siano state una volta a contatto, continuano ad agire l’una sull’altra, a distanza, dopo che il contatto fisico sia cessato” (James Frazer). Il contatto con la maschera, dunque, consente la trasformazione, ma è la potenza del pensiero la condizione imprescindibile per il divenire, il satori, l’Oltre.
"In midair I hovered, dragonfly / coming from the water / disappearing in the morning"
Sullo sfondo della canzone, prende forma una realtà alternativa, lo spettatore percepisce una condizione di “forme convertite in nuovi corpi” (Ovidio). La vera umanità – potremmo quasi dire, il vero umanesimo – sta nel rinunciare alla propria condizione di uomo occidentale per immergersi nel sentimento del cosmo, nel mettere a disposizione il proprio corpo nell’attitudine di assorbire l’afflato dell’universo. Il corpo-poesia vive in quanto muta. Il performer si sovrappone alla libellula, poi alla maschera d’oro e, poi, queste ultime si sovrappongono a lui che, nel movimento congelato multiplo degli arti superiori simili ad organi per il volo, in un bianco e nero fortemente contrastato e poi saturato, realizza la metamorfosi capace di liberarlo nell’aria. Cosa è accaduto? E’ l’effetto dell’atto rituale o di una invisibile preghiera rivolta agli déi così potenti da arridere a una creatura umana?
"Could I see it from the mountains / If I were as tall as they?/ Has it feet like Water lilies? Has it feathers like a Bird?"
Per librarsi nell’aria, bisogna diventare leggeri e, per diventare una creatura divina, bisogna ubbidire alla natura. Il corpo può inibire questo processo. Dice David Cronenberg: “All’inizio c’è il corpo. E’ ciò che siamo, ciò che abbiamo. Siamo tutti come degli attori che si agitano sulla scena della vita e la prima cosa che abbiamo sono i nostri corpi fisici, la nostra esistenza fisica.” Ma qui, a differenza dei film del regista canadese, la mutazione non è dolorosa, il corpo diviene ciò che il pensiero ”vede”, l’oggetto su cui si concentra. Come è accaduto che quest’uomo diventasse oro, insetto, creatura divina? Perché questo corpo è divenuto ciò che vedeva? L’unione del meditante con l’oggetto della meditazione, il samādhi induista, descrive questo percorso trascendentale, “lo stato contemplativo in cui il pensiero afferra immediatamente la forma dell’oggetto senza l’aiuto delle categorie e dell’immaginazione; stato in cui il soggetto si rivela ‘in sé stesso’, in ciò che ha di essenziale e come se fosse vuoto di sé stesso” (Mircea Eliade). Non a caso prima si è parlato di rinuncia alla condizione di uomo occidentale, dal momento che, quest’ultima è basata su un sentimento di disperazione, di negazione dell’immortalità. La gnosi indiana, invece, concepisce l’esperienza del dolore come uno strumento che favorisce la liberazione. La maschera funebre d’oro di Fornoni è l’oggetto di transito con cui si effettua la metamorfosi. La libellula libra a mezz’aria e scompare.
My old friend: i will fly, and i will fly and i will fly / disappearing in the morning.
di Claudia Placanica